In forma essiccata pippali (Piper longum) è pungente, caldo, ha sapore postdigestivo dolce (Madhura Vipaka) ed ha la proprietà di abbassare il livello di vata e kapha; assunto fresco, invece, favorisce l'aumento di kapha. Essendo untuoso, anzichè essiccare i tessuti, come il pepe nero (Piper nigrum), svolge un'azione virilizzante e di ringiovanimento dell'organismo. Pippali trova impiego come rimedio contro la tosse e l'asma, come afrodisiaco e come ingrediente nelle diete ingrassanti. Di norma viene somministrato insieme al latte, la ghee, allo zucchero e al miele per scopi nutritivi, e imbevuto di acqua salata per ripristinare il fuoco digestivo.
Secondo Charaka, la radice di questa pianta rappresenta un digestivo impareggiabile ed è anche in grado di alleviare il gonfiore addominale.
In genere si consiglia di consumare il frutto di pippali in quantità gradualmente crescenti, per permettere all'organismo di abituarvisi; un metodo consiste nel mangiare la pasta di tre pippali il primo giorno, di sei il giorno successivo e così via, aumentando la dose di tre unità alla volta, fino a raggiungere la quota giornaliera di trenta pippali. Poi, nei dieci giorni successivi, il dosaggio va progressivamente diminuito di tre unità. Questa terapia è stata adottata fin dall'antichità per curare l'anemia, le malattie reumatiche , la tosse, l'asma, l'inappetenza, le emorroidi, la consunzione e altre affezioni di origine vata e kapha. Il frutto di pippali, ridotto in pasta e lasciato riposare nel suo succo per otto giorni e poi fatto essiccare, viene prescritto in casi di indigestione, disturbi respiratori, diarrea, ingrossamento del fegato o della milza.
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