La recita dei mantra genera un'immagine nella mente della persona: ripetendo il mantra Gayatri, il dottor Agate aveva creato nella propria coscienza l'immagine del sole. Il sole è un essere potente, nobile, che infonde salute e sconfigge le malattie e i suoi raggi scacciano la paura e la debolezza dal cuore: l'immagine del sole, insieme alle vibrazione dei mantra, ha trasmesso alla mente spesso incline alla negatività queste qualità positive. Il potere dell'immaginazione ed, in particolare, della visualizzazione è tale da trasformare ciò che si "vede" in realtà. Per questo va esercitato con estrema cautela. Ogni pensiero, infatti, influenza il corpo; nell'immaginazione, il fine non giustifica i mezzi, è il mezzo stesso. Visualizzare un comportamento violento, come quelle delle cellule del sistema immunitario che aggrediscono le cellule cancerose, rafforza la violenza della malattia; in fondo anche le cellule tumorali appartengono al corpo ed aggredirle significa aggredire l'organismo. E, poiché al mondo c'è già tanta violenza, dobbiamo visualizzare presenze benevole e costruttive e, con il loro aiuto, creare un'atmosfera di benevolenza nella nostra vita.
Va sottolineato con molta chiarezza che il mantra Gayatri non è una "cura contro il cancro", così come non lo sono le bhasma d'oro o d'argento, l'ashvagandha, l'amalaki o qualsiasi altra pianta o minerale. Il cancro è una malattia allopatica mentre vata-nelle-ossa-e-nel-midollo è una patologia ayurvedica. Vaidya Nanal afferma che non solo adegua la terapia ai singoli pazienti ma che sceglie anche i mantra a seconda del suo interlocutore: in altre parole, la cura nel suo complesso, va calibrata in base alle esigenze specifiche dell'ammalato da curare.
Il dottor Agate riprese a frequentare la facoltà di medicina ayurvedica nel luglio del 1988 e, a metà agosto, ricominciò ad insegnare. Continuò a sottoporsi a massaggi a base di olio e ad applicazioni di calore tre volte al giorno per un anno e mezzo, poi ridusse la frequenza ad una sola volta al giorno, perché il dolore era completamente scomparso. Pur lamentando ancora l'eruzione cutanea che era insorta poco dopo l'esordio della malattia ed altri sintomi minori, come il sanguinamento occasionale delle gengive e la tosse secca, nel complesso, a metà del 1991 il dottor Agate poteva dire di essere tornato alla normalità.
Vedendo che il paziente non era morto nel giro di pochi mesi, come avevano previsto, i medici allopatici dissero: "Evidentemente, abbiamo sbagliato la diagnosi: doveva trattarsi di una pseudoleucemia." Ma dopo aver riesaminato i referti dei test di laboratorio, si persuasero che la loro diagnosi iniziale era corretta. Allora dissero: "Probabilmente la malattia è in fase di remissione ma prima o poi si aggraverà di nuovo." Al che Vaidya Nanal replicò: "Io non ho mai diagnosticato un cancro, perciò non ho idea se la malattia sia in fase di remissione oppure no. Il nostro modo di pensare è completamente diverso dall'approccio allopatico."
Il cancro può essere chiamato la "malattia della rinuncia", perché si tratta di una patologia in cui l'identità del soggetto "rinuncia" alle proprie responsabilità e permette la nascita di un nuovo centro di autocoscienza all'interno dell'organismo. In alcuni casi, un grave danno fisico, come quello provocato da radiazioni, sostanze chimiche o da un'epatite B cronica, basta da solo ad indurre alla resa anche l'individuo bipolare più positivo ed equilibrato, perché convince le cellule del suo corpo dell'impossibilità di continuare a vivere. In altri casi, invece, corpi perfettamente sani da ogni punto di vista, si consumano perché la mente perde "la propria ragione di vivere".
Ma, in genere, quando l'Io decide di gettare la spugna, significa che tutti e tre gli Involucri (quello del Cibo, quello del Prana e quello della Mente) sono stati aggrediti da agenti patogeni e che è necessario curarli se si vuole restituire integrità ad ahamkara. Ma soprattutto è importante curare la mente, perché il cancro è un'aggressione al livello più profondo dell'identità della persona, e soltanto guarendo la sua essenza di individuo si possono liberare tutti gli organi del corpo dalla presenza maligna della malattia.
Per quanto possa sembrare sciocco, il malato di cancro deve sedersi e parlare a se stesso: deve riunire i membri del proprio consiglio di amministrazione e fare in modo che la sua mente, il suo corpo ed il suo spirito prendano drastici provvedimenti per cambiare la situazione. ...Se non ci sentiamo abbastanza forti da affrontare da soli il nostro "io ombra", dobbiamo cercare qualcosa (come il sole) o qualcuno capace di agire al posto nostro.
La diarrea, una delle aggressioni meno pericolose alla nostra identità, ed il cancro, una delle minacce più pericolose alla nostra esistenza, hanno entrambe prajnaparadha come causa prima. Uno dei motti dell'Ayurveda è "cura organica contro le malattie organiche", ma raramente una terapia organica basta a scacciare completamente la malattia dall'organismo, perché non è in grado di eliminare la "trasgressione volitiva" dalla mente. Soltanto una cura che miri a compensare gli squilibri a tutti i livelli dell'organismo può definirsi un'autentica terapia ayurvedica.
Tratto dal libro "Ayurveda : vita, salute e longevità" di Robert E. Svoboda - Ed. Armenia, 1994.
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